Giuseppe Casetti – Il re libraio e i desaparecidos

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Giuseppe Casetti – Il re libraio e i desaparecidos
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Ciò che risulta spesso insopportabile nei racconti autobiografici è quell’autocompiacimento egotico e autoreferenziale che scaturisce dalla assenza di consapevolezza che ogni biografia è in fondo immaginaria, un gioco della memoria attraverso il quale ci si inventa una vita mai veramente “attendibile”. Nulla di tutto questo nel testo di Casetti la cui scrittura lieve – a tratti lirica, a volte persino svagata e spesso avvolta in un alone di leggera e malinconica ironia- mantiene sempre uno sguardo allo stesso tempo partecipe e distaccato rispetto alle molteplici vite del proprio sé, intrecciate alle vicende della vita artistica e culturale romana e italiana dagli anni Sessanta ai nostri giorni di cui fornisce una cronaca spesso inedita. Ma sarebbe estremamente riduttivo leggere questo testo solo come la testimonianza di un protagonista segreto e appartato di un pezzo di storia della cultura. In esso sono in realtà condensati alcuni motivi cruciali della cultura moderna/contemporanea più urgenti che mai. Ne segnaliamo solo due: innanzitutto Casetti è uno straordinario “archeologo del contemporaneo”, le sue librerie e gallerie sono degli autentici laboratori in cui è possibile imbattersi in frammenti, reperti, trouvailles, (“reliquie” come scrisse di lui un grandissimo poeta alla cui riscoperta Casetti ha contribuito in modo decisivo, Emilio Villa), sorprendenti e impensati, disseminati da artisti anche famosi in almanacchi, scritture disperse in oscure riviste di medicina, diritto, edilizia, moda, pubblicazioni aziendali, riviste umoristiche (citiamo solo gli esempi di Munari, Fellini, Savinio, Longanesi). Ma ancora, la sua ricerca maniacale e minuziosa ha permesso la riscoperta di artisti dimenticati o rimossi, pensiamo al suo lavoro sul movimento immaginista di Vinicio Paladini confluito nella pubblicazione del libro Movimento immaginista a Roma nel V anno del R.F con documenti e testimonianze di prima mano come quelle dello scrittore Dino Terra, per non parlare del recupero della fotografia di Mario Dondero o Paolo Di Paolo. Questo lavoro di scavo ai margini delle storie ufficiali dell’arte è stato sempre accompagnato da una pratica inaugurale di nuove esperienze: fu alla libreria Maldoror nel 1978 che avvenne la prima mostra della fotografa Francesca Woodman sulla cui “poetica” fu decisiva l’influenza delle immagini che Casetti raccoglieva nella libreria.[…] (Edmondo De Liguori)

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